sabato 31 marzo 2012


Razzismo, allarme Mondiali

Due recenti episodi da condannare contro due giocatori di colore della Premier Russian League: un fenomeno che rimbalza sui media europei e preoccupa la Federcalcio russa

Il razzismo negli stadi. Un fenomeno che tarda ad arrestarsi. Che rischia di ostacolare l’ascesa del calcio russo, soprattutto l’organizzazione degli attesi Mondiali di calcio 2018. E che continua a essere al centro del dibattito pubblico in Russia. Due episodi in altrettante settimane. E l’attenzione delle prime pagine dei quotidiani sportivi europei.

Un’eco mediatica che potrebbe allontanare i top player a trasferirsi nella Russian Premier League. L’ultimo caso vede i tifosi vittime di un calciatore, l’attaccante nigeriano dello Spartak Mosca Emmanuel Emenike, che ha mostrato il dito medio ai sostenitori dell’avversaria Dinamo, nello storico e focoso derby della capitale della Federazione. Era stato ripetutamente insultato con cori a sfondo razziale. Una reazione scomposta, volutamente esagerata. E in diretta televisiva nazionale.

Il gesto di Emenike sarà giudicato il 2 aprile 2012 dalla commissione etica della Federcalcio russa. Organismo creato per affrontare e risolvere, almeno in parte, i casi d’intolleranza razziale, estremismo e xenofobia. Il nigeriano avrebbe violato il codice etico in cui si stabilisce che "i giocatori respingono ogni manifestazione di rozzezza e maleducazione dentro e fuori il campo da calcio".

Foto: Getty Images/Fotobank
L’attaccante nigeriano dello Spartak Mosca Emmanuel Emenike (Foto: Getty Images/Fotobank)

Pur ammettendo di aver sbagliato, l'attaccante nigeriano ha confidato di non aver mai avuto a che fare con un razzismo "così animalesco". "Ora capisco perfettamente cosa hanno provato Roberto Carlos e Christopher Samba", ha detto lo stesso Emenike. 

Prima di lui, Christopher Samba, 27enne difensore centrale congolese, da poco arrivato all’Anzhi Makhachkala dai Blackburn Rovers per circa 11 milioni di euro, si è visto piombare ai suoi piedi una banana, il 18 marzo 2012, mentre rientrava negli spogliatoi al termine dell'incontro di Russian Premier League contro il Lokomotiv Mosca. Autore del lancio, un tifoso della squadra dei ferrovieri.

Secondo quanto riportato dai giornali locali, il difensore avrebbe raccolto il frutto per poi rilanciarlo verso le tribune. "Sono veramente scioccato da quello che è successo - ha commentato Samba - soprattutto perché c'erano dei bambini sugli spalti”.

L’intolleranza ultranazionalista ha colpito anche un fuoriclasse comeRoberto Carlos, il primo top player che ha deciso di giocare gli ultimi anni di carriera in Russia. Anche lui destinatario di una banana, che arrivava da un tifoso del Krylia Sovetov Samara

Testo di Nicola Sellitti, tratto da RussiaOggi

giovedì 22 marzo 2012


Elezioni in Russia, le meraviglie dell'aritmetica cecena


Alle parlamentari di dicembre, il partito "Russia Unita" di Putin ha ottenuto in Cecenia il 99,48% dei voti. Ma le meraviglie aritmetiche cecene non si fermano qui: il presidente ceceno Kadyrov prevede infatti che alle presidenziali di marzo Putin in Cecenia farà il botto con il 150% dei voti
La Cecenia è terra di grandi numeri e complessi calcoli matematici. Qui si sente dire infatti che alle elezioni l'affluenza può facilmente raggiungere il 105% e il numero di voti per un certo partito (o candidato) anche il 150%. Nessuno sa quali siano i veri dati, ma la leadership cecena rimane tradizionalmente generosa con i numeri. Il principale autore e sostenitore di promesse elettorali che dal punto di vista aritmetico appaiono del tutto inspiegabili è senz'altro il presidente Ramzan Kadyrov, che alle parlamentari del dicembre 2008 si dichiarò fiducioso in un'affluenza di oltre il 100%. Con la consueta audacia, il giovane leader assicurò che il popolo ceceno avrebbe fatto il proprio dovere civico recandosi in massa alle urne: "L'affluenza sarà almeno del 100%, forse di più". 
Da allora, la leadership cecena sembra quasi considerare cattiva creanza promettere tassi di affluenza o percentuali di voto inferiori al 100%. Nell'autunno 2010, durante una conferenza stampa del Consiglio della Federazione russa, il portavoce del parlamento ceceno Dukvakha Abdurakhmanov dichiarò: "Se Russia Unita deve ottenere il 115-120% dei voti, siamo in grado di raggiungere anche questo risultato". E le parlamentari di dicembre hanno dimostrato che il governo ceceno sa quel che dice. Anche se noti motivi aritmetici non hanno permesso a Russia Unita di raggiungere la soglia del 115-120% dei voti in Cecenia, il risultato è stato comunque da record per tutta la Russia: 99,48% secondo i dati ufficiali, con un'affluenza del 98,6% degli aventi diritto.
Ma il governo ceceno punta ancora più in alto, come ha confermato pochi giorni fa un'intervista apparsa sul quotidiano moscovitaKomsomolskaja Pravda, in cui Kadyrov si è nuovamente espresso sulla situazione politica in Russia e le prossime presidenziali. Nel ribadire la sua sfegatata ammirazione per il primo ministro e candidato presidente Putin, Kadyrov ha dichiarato che meriterebbe la presidenza per almeno due termini, a maggior ragione per il fatto che è anche permesso dalla Costituzione. Per quanto riguarda l'affluenza e le percentuali di voto, Kadyrov ha previsto che, a marzo, per Putin voterà il 150% della popolazione. Stavolta, però, ha dovuto ammettere che scherzava.
Tuttavia, come recita un proverbio russo, ogni battuta ha un fondo di verità. Per non avere dubbi sul risultato da record in arrivo basta guardare ai preparativi elettorali. Un cronista locale di nome Aslan, che per motivi di sicurezza preferisce non rivelare il proprio cognome, segue da molti anni le elezioni parlamentari e presidenziali in Cecenia e ci racconta cosa bolle in pentola. Secondo il giornalista, in tutte le istituzioni circola la direttiva orale per cui l'affluenza alle elezioni dovrà essere del 100% e tutti i voti dovranno andare allo stesso candidato. Facile indovinare di chi si tratti.
I deputati del parlamento locale, il clero e perfino i rappresentanti sindacali vanno per i centri abitati ad istruire i residenti: nessun voto ad altri candidati, tutti i voti a Vladimir Putin. Inoltre, sparsi per tutti i distretti del Paese, intraprendenti gruppi di cittadini esprimono i loro desideri al futuro presidente.
A Nadterechny, ad esempio, medici e insegnanti hanno chiesto al futuro presidente, in caso di vittoria, un aumento di stipendio. A Shali, Gudermes e Grozny gli attivisti locali hanno deciso di non perdere tempo con richieste al futuro presidente. Ai dipendenti pubblici di questi distretti è infatti proposto di firmare su base volontaria-obbligatoria ossequiosi documenti in cui dichiarano di voler vedere quale presidente della Russia solo ed esclusivamente Vladimir Putin. Aslan spiega che semplicemente non hanno scelta: sono costretti a questa pratica dal peggior sapore sovietico per non attirare l'attenzione delle autorità e non mettere a rischio se stessi e la propria famiglia con la propria “infedeltà”. Inoltre, chiunque osasse opporsi rischierebbe di perdere il posto di lavoro.
"In linea di principio”, dice Aslan, “tutte queste firme e tutti questi appelli al futuro presidente non hanno alcun senso. Tutti sanno che anche stavolta Putin stravincerà le elezioni in Cecenia. Ma i politici locali sono così abituati ad adulare Putin e ad essere adulati dai propri seguaci che non possono fare a meno di iniziative di questo tipo, anche se completamente inutili".
Non sorprende quindi che il leader ceceno sia così sicuro della vittoria di Putin con il 150%. Da bravodottore di ricerca in Economia, conosce bene l'aritmetica e le proprietà magiche dei numeri.

"Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso" 

di 
Majnat Kurbanova  



mercoledì 21 marzo 2012


Navalny, l’anti-Putin che guarda al Caucaso


Aleksej Navalny
Aleksej Navalny (wikipedia)
Aleksej Navalny è il blogger anti-corruzione simbolo delle proteste anti-governative che da Mosca in queste settimane hanno catturato l’attenzione dei media internazionali. Denunciando le autorità e la corruzione, dedica critiche particolarmente dure al Caucaso del nord, a cui bisognerebbe smettere “di dar da mangiare”. Critiche ragionate che stuzzicano e legittimano un nazionalismo anti-caucasico latente e diffuso in Russia
Negli ultimi mesi, a Mosca hanno avuto luogo manifestazioni che hanno raggiunto proporzioni mai viste in Russia negli oltre dieci anni trascorsi dall’ascesa al potere di Putin. In questo periodo varie facce dell’opposizione russa hanno cercato di coinvolgere un ampio numero di partecipanti. Per anni, raccogliere 2000 persone in una città di oltre dieci milioni di abitanti come Mosca era considerato un successo. Da dicembre 2011, ovvero da quando le elezioni politiche del 4 dicembre hanno consegnato al partito di governo Russia Unita un’ampia maggioranza parlamentare, in più occasioni sono stati invece in decine di migliaia i manifestanti a scendere in strada per richiedere “elezioni oneste”. L’attivismo di queste settimane è un segno evidente di un cambiamento straordinario che sta attraversando la società russa, caratterizzata in questi anni da una diffusa apatia politica che si traduceva in tacito assenso alle politiche di Putin. Le manifestazioni di questi giorni, al contrario, danno massima visibilità a quella parte della società che è stufa di sentirsi presa in giro e di assistere in televisione al quotidiano spettacolo di notizie preconfezionate in cui Putin e Medvedev si alternano nel ruolo di eroe principale e che non è più disposta ad accettare un governo guidato dal “partito dei farabutti e dei ladri” (“Partija Žulikov i Vorov”), il soprannome per Russia Unitacomunemente usato dai manifestanti.
Molti sono naturalmente i volti e i punti di vista dei partecipanti, ma l’uomo simbolo delle proteste è sicuramente Aleksej Navalny, giovane avvocato e blogger (classe 1976) che ha organizzato via internet una campagna anti-corruzione che ha portato alla luce casi scandalosi che hanno coinvolto grandi aziende a partecipazione statale. Grazie all’ampio seguito di cui gode nella vivace blogosfera russa, è diventato uno dei punti di riferimento delle proteste di questi mesi promosse prevalentemente proprio via internet. Navalny è però fortemente criticato dall’ala liberale del movimento per le sue posizioni dure riguardanti in particolare una questione: il Caucaso russo.

“Non ho paura di dire che sono un nazionalista”

Intervenendo ieri sera ad un talk show su “Dožd’” (“Pioggia”), un canale televisivo liberale che ha iniziato a trasmettere nell’aprile 2010 dove dibattono frequentemente partecipanti e organizzatori delle manifestazioni, Navalny ha dichiarato “non ho paura di dire che sono un nazionalista”, frase che in quella sede non poteva non dare inizio ad un accesa discussione. Come aveva fatto in passato, anche in quest’occasione, il blogger ha precisato che questo termine è spesso frainteso e che ritiene sia importante marginalizzare chi tra i nazionalisti sostiene soluzioni violente per dare spazio ad un nazionalismo che si basi su valori “europei” di democrazia e giustizia. Quando dice di voler imporre norme più severe sull’immigrazione, dice di farlo per tutelare meglio i diritti di chi vive e lavora in Russia (“non è giusto che i tagiki vivano negli scantinati di Mosca senza alcun diritto... voglio che abbiano gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini”). Quando sostiene la campagna “basta dar da mangiare al Caucaso”, dice che non lo fa per odio nei confronti dei caucasici, ma per sostenere il principio di uguaglianza tra chi paga le tasse (“non è giusto che alcune regioni della Russia finanzino indefinitivamente le repubbliche del Caucaso del nord”) o a difesa degli stessi abitanti della regione (“stiamo finanziando un'élite corrotta che va in giro in Porsche Cayenne e spara in aria, le ville lussuose di Kadyrov, mentre la povera gente del posto vive a fatica di agricoltura”). Quando sostiene l’idea di legalizzare le armi in Russia, ricorda che è un diritto sancito da numerosi Paesi occidentali. Ma non esita a difendere un video diffuso qualche anno fa in cui lui stesso, seppur in un contesto "ironico", prende in mano una pistola e spara ad una persona che rappresenta lo stereotipo del ribelle caucasico.

“Basta dar da mangiare al Caucaso”

Concentrandosi su questioni specifiche, Navalny riesce spesso a mettere in difficoltà i suoi critici e a convincere chi lo ascolta. Ben conscio dei punti su cui è frequentemente criticato, ha sempre la battuta pronta. Il botta e risposta di ieri sera sul canale Dožd’, nella parte riguardante il Caucaso, ricordava da vicino quello sentito qualche mese fa su radio Eco di Mosca, lo scorso 22 ottobre, giorno in cui si era tenuta una manifestazione intitolata proprio “Basta dar da mangiare al Caucaso” sostenuta dallo stesso Navalny. Così si era espresso allora il blogger: “Nei fatti, in Caucaso del nord esiste un regime legale diverso da quello esistente nel resto della Russia ed è stupido negarlo. Se per stabilire un regime legale sarà necessario stabilire uno ‘stato di guerra’ per vent’anni e limitare lo spostamento di persone e merci, facciamolo! [...] Noi non interveniamo contro i caucasici come tali, ma contro il finanziamento di élite criminali. [...] In Caucaso c'è molta più povertà che in qualsiasi altra repubblica della federazione. Ed è proprio la disproporzione tra un'élite ultraricca e la povertà diffusa che provoca violenza. Più soldi mandiamo lì, più ci sarà terrorismo, più ci sarà violenza e più di quei giovani esasperati verranno qui." Argomenti chiari e tanto convincenti che in un sondaggio realizzato durante la trasmissione l’89% degli ascoltatori che si sono espressi si sono dichiarati a favore del motto “Basta dar da mangiare al Caucaso”.
Certo è che al di là dei singoli casi Navalny non solo ha riabilitato e legittimizzato il concetto di "nazionalista", ma ha anche sostenuto e dato visibilità a persone che in tema di nazionalismo non si limitano alle frasi misurate del blogger anti-corruzione.
D’altra parte, non vi possono essere dubbi che Navalny (ma non solo) trovi supporto stuzzicando un nazionalismo anticaucasico latente in Russia che negli ultimi anni è esploso in varie occasioni, come quando nel dicembre del 2010 un’ondata di manifestazioni nazionaliste aveva attraversato il Paese. Ne è un esempio un concorso indetto recentemente per individuare i migliori poster da utilizzare nel corso della campagna anti-Putin negli ultimi giorni prima delle elezioni. Tra le centinaia di poster proposti, una commissione di noti blogger ne ha scelti 20. I primi due di questi, pubblicati nella pagina del concorso sul blog dello stesso Navalny lo scorso 27 febbraio avevano chiari riferimenti caucasici. Il primo diceva: “Il 99,47 della Cecenia ha votato per Putin. Vuoi forse andare in Cecenia?”. Il secondo invece: “Grazie di non partecipare alle elezioni. Firmato: i vostri caucasici.” Messaggi forse non immediati per l'osservatore esterno, ma ben chiari nel contesto moscovita in cui sono stati ideati, come esplicitano alcuni commentatori che descrivono così lo scopo di quei poster: “attraverso la diffidenza e l’odio nei confronti dei caucasici (che dentro di sé ha metà degli abitanti della Russia) esprimere l’odio nei confronti di Putin”. E ancora: “È solo un modo per dire: ‘Non amate i caucasici? Ma Putin è a favore dei caucasici!”
Per chi è abituato a pensare a Vladimir Putin come l’uomo che ha sostenuto una guerra senza quartiere in Cecenia e che tutt'oggi sostiene un regime di polizia che ricorre frequentemente a violenze e abusi, l’idea che il moscovita medio possa percepire Putin come un “amico dei caucasici” può suonare bizzarra. Ma tant’è... in Russia, tanti ce l’hanno con Putin proprio perché sarebbe troppo amico dei caucasici.
Un amico che certo in molti preferirebbero non avere.

"Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso" 
Autore: Giorgio Comai

martedì 20 marzo 2012


OMOSESSUALITA’ FUORILEGGE
Il governo locale di San Pietroburgo ha recentemente adottato una controversa legge secondo la quale imponenti sanzioni, fino a 34.000 $, saranno applicate a coloro che pubblicizzeranno l’omosessualità e la pedofilia tra i minori. Che cosa pensano gli esperti?



Dopo l’approvazione da parte del sindaco di San Pietroburgo Georgy Poltavchenko della legge che prevede l’imposizione di sostanziali multe a chi “promuove l’omosessualità”, la comunità dei blogger è esplosa in Russia e all’estero. Mentre gli oppositori della legge la vedono come uno strumento discriminatorio che limita i diritti delle minoranze sessuali, i sostenitori credono che l’iniziativa promuoverà la moralità del cittadino. Allo stesso tempo un certo numero di avvocati e attivisti dei diritti umani evidenzia che la legge è impropria poiché non definisce chiaramente il concetto di “promozione dell’omosessualità”.

ANDREY KURAEV, blogger e arcidiacono della chiesa ortodossa russa. 
“L’obiettivo della legge è di sostenere la posizione morale della maggioranza dei russi e proteggere i minori d’età dalla cattiva influenza di tali “minoranze sessuali”.  Vivendo in un Paese democratico è necessario salvaguardare le opinioni della maggioranza. La legge vuole imporre queste idee maggioritarie. La possibilità di abusare di tale legge esiste però non è questa una ragione per eliminarla. Sarebbe come cancellare le norme stradali solo perché a volte la polizia russa abusa delle leggi mettendo dei segnali stradali in luoghi dove non dovrebbero essere messi, con lo scopo di multare i malcapitati automobilisti”.

GALYA SULTANOVA, attivista per l’organizzazione LGBT in difesa dei diritti delle minoranze sessuali.
“La legge non protegge i minori. Al contrario, potrebbe aggravare il problema causando una crescita dell’omofobia nelle scuole e provocando l’aumento delle molestie nei confronti di bambini omosessuali che potrebbero così spingersi verso il suicidio. Dopotutto si sa che i bambini sono molto sensibili. In altre parole questa legge accetta l’omofobia e con essa la persecuzione delle minoranze sessuali. La legge inoltre impone una censura perché riguarda anche i mass media. Se un giornale tratta quest’argomento in maniera sospettosa, esso potrebbe essere multato per atti illegittimi di propaganda.
Il problema maggiore è la vaghezza della legge. Molti avvocati la criticano perché non propone una o più definizioni chiare di promozione dell’omosessualità nei confronti dei minori. In tal modo, ogni difesa in favore delle minoranze sessuali può essere considerata propaganda impropria.

VALENTIN GEFTER, direttore dell’Istituto dei Diritti Umani di Mosca.
“Come prima cosa vorrei rilevare il fatto che la legge non prende in considerazione la pedofilia. Essa confonde l’opinione pubblica nel momento in cui mette sullo stesso piano forme legali di espressione sessuale, come l’omosessualità, e azioni criminali, come la pedofilia. Se l’omosessualità non è messa al bando dalla legislatura federale, non vedo perché il governo di San Pietroburgo debba adottare una simile regolazione che considera tutto, dalla letteratura ai film al teatro, propaganda. Potremmo paragonare questa situazione a quella in voga durante il nazismo.

Testo tradotto da Russia Beyond the Headlines  


lunedì 19 marzo 2012


Per la prima volta nella storia russa e sovietica è stata sciolta una sezione di polizia

Ingushetia.Ru, 18.03.2012 14:40
Il ministero degli Interni ha sciolto tutto l'organico della sezione di polizia dove un arrestato è stato violentato a morte. L'intero organico della sezione di polizia "Dal'nij" [1] nella città di Kazan' [2] è stato sciolto e la maggior parte dei suoi agenti sono stati mandati a casa e coloro che hanno a che fare con l'omicidio sono stati arrestati. Ricordiamo che il 10 marzo l'abitante di Kazan' 52enne Sergej Nazarov fu portato alla sezione di polizia della città di Kazan' con un pretesto. Là fu picchiato con crudeltà e in seguito violentato. Dalla sede della polizia Sergej Nazarov fu portato in rianimazione. Prima della morte, sopraggiunta in rianimazione, era riuscito a raccontare che i poliziotti della sezione di polizia "Dal'nij" lo avevano violentato con una bottiglia di champagne.
"Nella sezione di polizia "Dal'nij" non è in corso semplicemente una riqualificazione, tutto l'organico della sezione di polizia viene rimosso. Forse, dopo un'accurata verifica, qualcuno resterà, ma oggi l'organico è stato completamente sciolto, gli agenti sono stati mandati a casa", – hanno riferito all'ufficio stampa del ministero degli Interni del Tatarstan. Alla vigilia una fonte del ministero degli Interni che forse l'unità "Dal'nij" sarà ribattezzata e il suo edificio sarà distrutto fino alle fondamenta e ricostruito.
Ieri è giunta comunicazione che il ministero degli Interni russo ha chiesto scusa per i poliziotti di Kazan', che hanno violentato a morte un uomo nella loro sezione.
Ma già qualche giorno dopo l'omicidio di Nazarova a Kazan' è giunta notizia che dalla sezione di polizia è stato portato alla rianimazione dell'ospedale della città di Gatčina nella regione di Leningrado [3] un uomo in stato di coma con un trauma cranico aperto.
Secondo i dati della polizia, l'uomo caduto in coma era stato arrestato dai poliziotti mercoledì sera in un caffè perché "parlava troppo forte". Dalla sezione l'ambulanza è stata chiamata quando l'uomo si trovava già in stato di coma, allora gli è stato diagnosticato un trauma cranico aperto. Ora è in ospedale in fin di vita, la sua identità finora non è stata stabilita.
Ricordiamo che a febbraio a Pietroburgo in una sezione di polizia un adolescente fu picchiato a morte con uno spazzolone. Lo sfortunato ragazzo caduto nelle mani dei policai [4] morì direttamente nella sezione di polizia.
Dopo di ciò fu tolto il posto al capo della Direzione Centrale del ministero degli Interni per Pietroburgo e la regione di Leningrado Michail Suchodol'skij. Il suo posto fu preso da Sergej Umnov, sotto cui ora si trova la sezione di polizia di Gatčina da cui è stato portato in ospedale l'arrestato caduto in coma.
http://ingushetiyaru.org/news/22793.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
 
[1] "Lontano".

[2] Città della Russia centro-orientale, capitale della repubblica autonoma del Tatarstan.

[3] La regione di San Pietroburgo è tuttora detta "di Leningrado".

[4] Policaj era il nome dato spregiativamente ai poliziotti nazisti (dal tedesco Polizei, "Polizia").
 
 

DOCUMENTARIO SULLA PAZZIA UMANA.
Ciò di cui ha bisogno un governo semi-dittatoriale, e non solo, come quello russo è una corta memoria collettiva. Una popolazione che si trascina dietro le malefatte governative rappresenta un ostacolo invalicabile. E’ quindi essenziale creare una società con una memoria limitata. Una società colpita nella vista ma non nell’anima, dove le immagini e gli eventi si sovrappongono bruscamente senza che uno lasci spazio all’altro. L’evento è di per sé sia tratto della matita che gomma che lo cancella. L’evento si trasforma così in intrattenimento televisivo o in elemento propagandistico ripieno di falsità. A proposito di corta memoria, propaganda, falsità e malefatte, chi si ricorda cosa è successo nei tre giorni dal primo al tre settembre 2004 in Russia? Questo documentario ce lo ricorda.

sabato 17 marzo 2012


“ANATOMIA DELLA PROTESTA”.
Reportage governativo anti-opposizione.


Lo slogan più comune e ripetuto degli ultimi mesi in Russia è sicuramente “Za chestnye Vybory”  (A favore di elezioni oneste). Gli attivisti russi lo hanno fatto loro nella lotta contro l’evidente disonestà della cricca presidenziale e in opposizione alle scorrettezze ed ingiustizie delle quali il governo si è appropriato per mantenere il potere. All’occhio del cittadino russo medio questi approcci non risultano nuovi. Gli anni del comunismo, stalinismo, post-comunismo non sono certo celebri per la loro incorruttibilità e trasparenza nei confronti del cittadino che rimaneva in silenzio ripetendo pensieri artificiosi messigli in testa dai politici di turno: “L’uomo russo ha bisogno di un potere forte che imponga ordini da seguire ciecamente”, “L’immensità della Russia richiede la centralizzazione del potere”, “Gorbachev ha portato una finta libertà e con essa una  reale destabilizzazione”, “Meglio la stabilità economica che la difesa dei diritti dell’uomo” ecc. La demagogia incalzante e ripetitiva ha convito il russo della sua inferiorità di fronte alle schiaccianti forze naturali e umane provenienti dall’ovest. Gli ha fatto credere che la sua individualità può solo soccombere, e che potrà salvarsi solo all’interno di una comunità solida capeggiata da politici ferrei. Eppure le cose sembra cambiare. Un  soffio di modernità sta scalfendo la ruggine obsoleta. Una certa classe sociale sta iniziando a pensare che in realtà il cittadino russo non è poi così differente da quello occidentale o asiatico, che l’unicità dell’anima russa potrebbe non essere altro che fumo negli occhi, che il Cremlino non e’l’olimpo e il presidente non è Zeus. Il nuovo cittadino russo vuole esprimersi e iniziare un dialogo con il potere.  Le ultime manifestazioni lo stanno testimoniando. Eppure il potere continua a rispondere con gli stessi mezzi diffamatori in auge nel secolo passato cercando di offuscare un movimento che vuole chiarezza e non stagnazione.
 Cosa se non la televisione per convincere le masse russe della disonestà dei manifestanti? Le false difese del potere si fondano sulla minaccia e l’intimidazione e si radicalizzano nell’ipocrisia dei seguenti slogan: “Se se ne va Putin, la rivoluzione esploderà. Così com’è esplosa in Ucraina o nel Maghreb”, “L’opposizione e gli attivisti puntano alla destabilizzazione che affosserà il potere internazionale russo e peggiorerà lo stile di vita”, “L’opposizione è finanziata e guidata da forze occidentali”, “Solo Putin sa fare politica, gli altri sono burattini”, “I numeri dei manifestanti sono gonfiati dagli anti-putiniani”,  “Solo una finta minoranza vuole un cambiamento, al resto le cose stanno bene così come sono”. Il reportage ”Anatomia della protesta” del canale NTV è un ennesima testimonianza delle invenzioni escogitate dal governo. Nel servizio, tra le tante cose, si dice che:
  • Molti dei manifestanti sono stati reclutati dall’opposizione tra ubriaconi, senza tetto, emigranti dell’Uzbekistan, poveri studenti africani che non parlano una parola di russo. Tutti sono stati pagati o ricompensati con biscotti ed altre leccornie.
  •  Le manifestazioni sono solo provocazioni di un livello primitivo.
  • Nelle manifestazioni c’erano “persone dell’ambasciata americana”; a fare cosa.
  •  Gli oppositori si incontrano spesso con gli ufficiali dell’ambasciata americana.
  •  Le guardie di sicurezza di Novalny, avvocato, blogger e uno dei leader delle manifestazioni, picchiano i giornalisti.
  • Gli organizzatori delle manifestazioni aizzano la polizia contro i manifestanti e poi colpevolizzano il governo.
  • Le elezioni sono state trasparenti e ciò è stato confermato da svariate organizzazioni internazionali.
  • Lo slogan “Za chestnye vybir” già non è più attuale.
  •  L’opposizione non ha prospettive, vuole solo distruggere senza costruire.
  • I supporter del profilo Facebook di Navalny non esistono, sono creati dal nulla attraverso programmi informatici.
  • La gente ha capito che le possibilità di fermare Putin non ci sono.
  • Nemzov, leader dell’opposizione, sostiene i separatisti ceceni.
  • L’opposizione crea finte “vittime sacrificali” e poi colpevolizza il governo reo di utilizzare la forza contro tali vittime.

Il progetto del governo è chiaro: diffamare  l’opposizione accusandola di adoperare quei metodi illegittimi di cui in realtà il governo si è sempre avvalso. Lo scopo è quello di creare uno stato di confusione, frustrazione e scoraggiamento tra la popolazione russa e di far rimanere le cose così come fanno comodo a loro.
  

venerdì 16 marzo 2012


 
“PUSSY RIOT”. Un nuovo arresto

Un terzo membro della band punk femminista russa “Pussy Riot” è stato fermato con l’accusa di teppismo e potrebbe essere incarcerato prima dell’inizio del processo. Due altri membri del gruppo musicale erano già stati arrestati in precedenza ,senza l’ausilio del processo, per aver inscenato una rumorosa protesta musicale nella cattedrale del Cristo Salvatore, non lontano dal Cremlino, contro Putin e il suo nuovo mandato presidenziale. I fan del gruppo hanno già manifestato contro la decisione, a Mosca e in diverse altre città, richiedendo l’immediata scarcerazione delle loro beniamine. 







MB

mercoledì 14 marzo 2012


PUNIZIONE CRUDELE NELLE CARCERI RUSSE
Un agghiacciante caso di brutalità della polizia di Kazan, capitale del Tatarstan. 

 

Investigatori governativi e attivisti di diritti umani stanno investigando sul presunto utilizzo di torture nei confronti di un detenuto con lo scopo di ottenere una confessione. L’accusa è di aver causato la morte dell'uomo dopo averlo sodomizzato con una bottiglia di champagne. Questa non è la prima volta che un caso di violenza in una stazione di polizia richiama l’attenzione della società intorno a quello che è da sempre una piaga nazionale.
Nella notte del 9 marzo Sergey Nazarov, 52enne residente a Kazan, è stato fermato per teppismo e portato alla stazione di polizia. Il giorno successivo è stato con urgenza trasferito all’ospedale locale e operato per gravi ferite anali. L’operazione non ha avuto successo e il paziente è deceduto. I dettagli degli eventi della notte del 9 marzo rimangono incerti. L’agenzia Interfax ha riportato che, prima di morire, Nazarov avrebbe comunicato a un suo parente di essere stato violentato con una bottiglia.  
Il caso di Nazarov non rimane isolato. Dmitry Kolbasin, del centro di difesa dei diritti umani “Agora”, ha rivelato che altre 8 accuse di maltrattamento sono state sollevate nei confronti della stessa stazione di polizia di Kazan: “Bottiglie di champagne sono state utilizzate in almeno due altri casi, tra cui quello riguardante la ventenne Alia Sadykova che avrebbe subito gli stessi maltrattamenti di Nazarov”.
Le violenze non si limitano alla regione di Kazan. Lo scorso gennaio un 15enne è stato picchiato a morte in una stazione di polizia di San Pietroburgo obbligando il capo della stazione ha presentare le dimissioni. In un altro caso di torture, la Corte Europea dei Diritti Umani ha accordato il pagamento di una ricompensa record di 250.000 euro ad Alexsey Mikheyev riuscito ad evitare il pestaggio e shock elettrici saltando dal secondo piano della stazione dov’era detenuto.
Secondo Tanya Lokshina di Human Rights Watch le riforme riguardanti la “milizia” russa, attuate dal governo, non hanno portato a nessun cambiamento pratico in quanto: “I nuovi regolamenti non prendono in considerazione l’uso della violenza e il totale stato di illegalità in cui attua la polizia russa”. Lokshina aggiunge che le possibili dimissioni del Ministro degli Interni della Repubblica del Tatarstan non cambierebbe la situazione perché: “In tutte le regioni russe, eccetto la Cecenia, i governatori non esercitano alcun controllo diretto sulle agenzie di sicurezza e stazioni di polizia”. 

Testo tradotto da "Russia profile": http://russiaprofile.org/culture_living/55917.html 

GALINA STAROVOYTOVA
Galina Vasilyevna Starovoytova (17 maggio Chelyabinsk – 20 novembre 1998 San Pietroburgo) è stata una politica ed etnografa russa conosciuta per il suo lavoro di protezione delle minoranze etniche  e per la promozione di riforme democratiche in Russia.
VITA
Nata a Chelyabinks negli Urali. Si laurea al Collegio di ingegneria militare di Pietroburgo nel 1966 e poi ottiene un Master in psicologia sociale all’Università della stessa città nel 1971. Nel 1980 porta a termine un dottorato in antropologia sociale all’Istituto di etnografia dove poi lavora per 17 anni. Nella sua tesi di dottorato riporta la vita e le particolarità dei Tatari di Leningrado. Pubblica molti lavori esprimendo teorie antropologiche, studi interculturali, ricerche sui popoli caucasici svolgendo un notevole lavoro in aree instabili come il Nagorno-Karabakh e Abkhazia. E’ stata una forte sostenitrice dell’indipendenza del Nagorno-Karabakh. Nel 1988 accompagna l’accademico Andrei Sakharov in un importante viaggio di riconciliazione in Armenia ed Azerbaijan.
CARRIERA POLITICA
Galina inizia la sua carriera politica nel 1989 quando viene eletta rappresentante  dell’Armenia al Congresso dei Deputati del popolo dell’Unione Sovietica. Diviene subito membro della fazione riformista capeggiata da Sakharov. Nel Congresso il suo lavoro era basato principalmente sulla risoluzione dei problemi delle diverse nazionalità, sulla pianificazione di una nuova federazione e la definizione di una nuova costituzione. Opera nel Congresso fino al 1993 anno della sua dissoluzione, poi entra a far parte del parlamento.
Diventa consigliere presidenziale in ambito di questioni interetniche ma nel 1992 viene licenziata da Yeltsin sotto pressione dell’ala conservativa governativa che non vedeva di buon occhio il suo operare nel Caucaso del nord.
Nel 1995 diventa membro del movimento politico “Russia democratica – Unione dei lavoratori liberi”. Il movimento era capeggiato da lei e due personaggi di spicco del gruppo Mosca Helsinky: Lev Ponomarev e il prete ortodosso dissidente Gleb Yakunin.
Galina disse: “Gli standard internazionali riconoscono il diritto all’autodeterminazione di tutte le nazioni, così deve essere anche in Russia”. Insieme a Segey Kovalev ed altri conduce le negoziazioni con Dzhokhar Dudaev allo scopo di impedire lo scoppio della prima guerra cecena. Eppure Yeltsin e i suoi collaboratori decidono che le operazioni militari erano necessarie e che la guerra sarebbe stata veloce e vittoriosa. Per questo motivo Galina, allo scoppio della guerra, definisce il presidente  ”Boris il sanguinario” e afferma che : ”Il periodo del riformatore Yeltsin è terminato, il suo nuovo regime potrebbe rivelarsi un pericolo per la Russia e non solo.”
Nelle sue frasi Galina rivelava tutto il suo essere. Una volta disse pubblicamente : ”Io proporrei di effettuare degli esami medici dei deputati della Duma, specialmente alla luce dei risultati del voto di ieri riguardante la battaglia contro l’antisemitismo dove molti colleghi ci hanno fatto dubitare della loro sanità mentale”.
ASSASINIO
Starovoytova fu uccisa a colpi di pistola all’entrata del suo appartamento il 20 novembre 1998. L’investigazione fu eseguita sotto il controllo del Ministro degli interni Sergey Stepasin (ex capo del FSB e futuro primo ministro). Nel giugno 2005 Yuri Kolchin e Vitali Akishin furono accusati dell’omicidio e condannati a 20 e 23 anni di prigionia. Nel settembre 2006 Vyacheslav Lelyavin fu condannato a 11 anni per il suo ruolo nella pianificazione dell’omicidio eppure i veri mandanti non sono stati ancora rintracciati.
Poco prima della sua morte Galina fonda un premio al “Contributo alla protezione dei diritti umani e consolidazione della democrazia in Russia. I vincitori di tale premio sono stati finora i seguenti:
·         Gleb Yakunin, prete ortodosso
·         Larisa Bogoraz, fondatrice del gruppo Mosca Helsinky
·          Anatoly Sobchak, ex sindaco di san Pietroburgo
·         Le madri dei soldati di San Pietroburgo
·         Yuli Rybakov, Ex deputato della Duma
·         Valeria Novodvorskaya, leader dell’Unione Democratica

LINK:
http://www.webcitation.org/query?url=http://www.geocities.com/Athens/2533/galina.html&date=2009-10-25+05:32:48

Testo tradotto da Wikipedia





lunedì 12 marzo 2012

Una serie di interviste a nuove e vecchie figure della società russa in subbuglio. In primo piano l'emigrante tagico schiavo nei siti di costruzione moscoviti, l'attivista Voronitsyna malata di sclerosi multipla che agisce indomita dal suo letto, il rapper Noize Mc arrestato a causa dei suoi testi sprezzanti nei confronti del governo ed altri.    
http://www.hrw.org/features/russia-civil-society

domenica 11 marzo 2012



Paul Klebnikov                                                             
Paul Klebnikov (3 giugno 1963 – 9 luglio 2004) è stato un giornalista Russo Americano e storico specializzato in storia russa. Ha lavorato per Forbes Magazine per oltre 10 anni e al momento della sua morte, era capo direttore dell’edizione russa. Il suo omicidio a Mosca ha irreparabilmente incrinato la stabilità del giornalismo investigativo in Russia. Gli organizzatori di tale crimine non sono mai stati trovati. 
 
VITA
Paul Klebnikov è nato a New York in una famiglia di emigrati russi con un’estesa tradizione militare e politica; suo nonno fu un ammiraglio nella flotta dei Russi Bianchi e fu assassinato dai Bolsheviki. Il suo trisnonno Ivan Pouschine partecipò alla rivolta dei Decembristi nel 1825. Klebnikov si è laureato all’università di Berkeley in California nel 1984. Ha difeso una tesi di dottorato alla Scuola di Economia di Londra su Pyotr tolypin, riformista e primo ministro dello Zar.
Klebnikov ha iniziato a lavorare per Forbes nel 1989 e ha da subito acquisito la fama di attento investigatore dei loschi affari dell’economia post-sovietica e della sua corruzione. Presto si è elevato alla carica di senior editore specializzato in Politica ed Economia Russa e dell’Europa Orientale, per poi diventare primo editore dell’edizione russa di Forbes lanciata nel mercato nell’aprile 2004.
Ha scritto Godfather of the Kremlin: Boris Berezovsky and the Looting of Russia, una biografia del magnate russo, accusandolo di vari crimini che includono frode, riciclo di denaro sporco, legami con la mafia cecena, omicidi e supporto ai movimenti separatisti ceceni. Klebnikov ha anche evidenziato il ruolo che Breresovsky ha giocato nella scalata al potere di Putin e nella creazione di un forte sopporto sociale a favore della seconda guerra cecena attraverso l’utilizzo del suo gruppo mediatico ORT. Il libro è un’espansione del controverso articolo pubblicato su Forbes “Godfather of the Kremlin?” che include la frase “Potere. Politica. Omicidi. Berezovsky potrebbe insegnare due cosette ai ragazzacci giù in Sicilia”.
Nel 2003 Klebnikov ha pubblicato Conversation with a Barbarian: Interviews with a Chechen Field Commander on Banditry and Islam, dove riporta la trascrizione dell’intervista di 15 ore con il ceceno Khozh-Ahmed Noukhayev, signore della guerra, politico e comandante separatista.
Nell’aprile 2004 ha scritto un articolo che conteneva una lista dei 100 uomini russi più ricchi. In esso si investigava il modo in cui il patrimonio era acquisito. Rivelando questi segreti il numero dei nemici Klebnikov aumentò visibilmente.  

OMICIDIO    
Nel 9 luglio 2004 Klebnikov a notte inoltrata, è stato attaccato in una strada di Mosca da due assalitori sconosciuti che hanno sparato almeno 9 colpi da un’auto in fuga. Klebnikov è stato colpito 4 volte ed inizialmente è riuscito a sopravvivere ma poi è morto dissanguato all’ospedale perché l’ambulanza ci ha messo circa un’ora per arrivare in loco, era sprovvista di ossigeno e l’ascensore dell’ospedale, che lo avrebbe dovuto portare in sala operatoria, era rotto. Prima di morire Klebnikov ha detto di aver visto 3 assassini all’interno della macchina ma che non gli aveva mai incontrati prima.

INVESTIGAZIONI RUSSE
Nell’ottobre 2004, Roman Slivkin, ufficiale del servizio segreto russo dell’FSB è stato arrestato per essere sospettato dell’omicidio di Klebnikov. Nel novembre dello stesso anno altri due maggiori sospetti di etnia cecena sono stati catturati a Minsk.  Essi, insieme ad altri ceceni, sono stati accusati di essere parte di una gang criminale che commette omicidi sotto pagamento. Il processo si è protratto per diversi anni ma non ha portato ancora nessun risultato. 

APPROFONDIMENTI

Noi personaggi del "soprasuolo"
Il mondo letto, reinventato, psicologizzato e trasformato in parola da Dostoevskij sembra oggi più moderno di quanto lo era al suo tempo. Molte trame per le sue storie di passioni e omicidi non derivavano direttamente dalla sua mente ma dagli innumerevoli racconti di cronaca nera che trovava nei quotidiani del tempo. Anche a quei tempi la gente sembrava essere attratta dal male e da tutte le sue sfaccettature più che dal bene. Chi vuole ascoltare storie d'amore? Beh anche quelle, ad essere onesti, hanno un buon seguito a causa dello scadimento di questo sentimento. Così nelle metro, tra le mani di donne sulla quarantina, circolano obbrobri di letteratura spazzatura utile solo a far dimenticare la ancora più puzzolente e putrida spazzatura di una misera vita quotidiana scaduta nella paura, nell'assenza di amore, nella quotidianità di un lavoro disumanizzante, dall'assenza di libertà e della capacità di lottare per essa. Qui un nuovo tipo di amore si è rivelato. Quello falso e futile dell'odore del petrolio con cui sono fatte le pagine color bianco sporco, vicino al grigio, di pessima qualità. E' il nuovo amore che si riflette nelle copertine in cui si ammassano mille colori sbiaditi e un abbraccio squilibrato di una finta coppia in bilico tra un finto amore. Chissà quale ispirazione troverebbe in tali libri se Dostoevskij fosse ancora in vita? Certo che uno come lui sarebbe difficile immaginarselo seduto davanti ad un laptop a pensar e scrivere i suoi capolavori. Lui che lavorava di notte, aiutato da sua moglie che trascriveva i suoi pensieri e tenuto sveglio dall'adrenalina della creazione e dal forte tè nero che sgorgava dal samovar sempre acceso. Eppure sicuramente spunti per i suoi racconti neri ne troverebbe ancora tanti. Io potrei fornirgliene due, a cui ho assistito nell'arco di due giorni. Il primo riguarda un uomo del sottosuolo ammazzato e gettato in un cassonetto della spazzatura sotto casa mia. Qui non si stratta più di un uomo del "sotto" suolo ma del "sopra" suolo, quello ben visibile a tutti eppure celato tra l'immondizia provocata dal decadimento dei principi. Il fatto che questo uomo era caucasico avrebbe aggiunto un tocco ancora più misterioso e cosmopolita al racconto. Ma questa è una storia che si ripete giornalmente in molti angoli di questa ricca ma ancora così tanto povera Russia. E' triste vedere che l'equazione ricchezza materiale=povertà emotiva si ripeta in ogni angolo del mondo. Il fatto che Mosca sia diventata la città più costosa e quindi più ricca al mondo e' quindi un segnale esplicito della perdita dei valori umani. Qui Dostoevskij se la spasserebbe. Tra omicidi, illegalità e case da gioco. E poi il governo attuale gli darebbe una mano gigantesca: "Grazie governo per aver eliminato la libertà, per uccidere i nostri giornalisti, per spedire in guerre inutili giovani senza cervello che ritornano senza braccia e gambe. Grazie governo per creare una schiera di piccoli robot razzisti, per imbottire la mente della nostra gente di falsità, per aver creato uno stato militarizzato, per disumanizzare le persone. Grazie per aver creato una nazione fondata sulla forza, sull'esagerato patriottismo, sull' icona del denaro, sulla degradazione morale, sull'inganno, sulla corruzione dilagante. Grazie per porre la nostra gente in tali condizioni e continuare ad inveire su di esse. Grazie...quante cose avrei da scrivere". Si, proprio questo direbbe. La sola differenza e che egli non sarebbe stato messo al patibolo e poi risparmiata la sua vita all'ultimo secondo, probabilmente lo si sarebbe trovato morto, "suicidato" con una pistola trovata a 4 metri di distanza dal corpo. E tutti ci avrebbero creduto. Allora  l'angelo nero del nostro governo sarebbe uscito allo scoperto con parole piene di patriottismo e falsità : "Oggi uno dei nostri più grandi scrittori ci ha lasciato. Vi prometto che troveremo il colpevole". Eh si, basterebbe salire su un treno diretto verso il Caucaso. L'omicida si lava le mani eroizzando la sua vittima. Dopo qualche settimana qualcos'altro apparirà sulle televisioni e tutti si scorderanno delle vittime, degli eroi e degli uccisori. E non dovremmo aspettare chissà quanti altri anni prima che un altro Dostoevskij venga al mondo. Al ringraziamento di Dostoevskij io mi sento di aggiungerne un altro: "Grazie governo per avere tolto anche la più minuta briciola di dignità umana. Grazie con tutto il cuore". Essa è scomparsa quando ieri sono stato testimone di un fatto penosamente increscioso. Ero nel centro della sala di Krasnopresneskaia aspettando un'amica. Ad un certo momento vedo una coppia di poliziotti avvicinarsi ad una vecchia. Aveva in mano una piccola ciotola contenente pochi spiccioli elemosinati contro voglia a causa delle condizioni disumane in cui si trova. Ci si trova perché la sua pensione di circa 200 dollari mensili, in una città dove un affitto medio può anche costare 900 dollari, basta appena per la sopravvivenza. Elemosinare e' di per se una condizione degradante dal punto di vista morale ma questo non basta ai giovani poliziotti russi, figli di una società paralizzata. I due poliziotti devono fare di più. Devono mostrare la loro forza, il loro potere che annichilisce colui che non ha la possibilità di controbattere. E chi meglio di una vecchietta solo ad elemosinare nel mezzo di una rumorosissima metropolitana? Si avvicinano alla vecchia, le sbraitano in faccia parole dure e rabbiose, che non capisco perché troppo lontano. Eppure vedo gli sguardi dei due giovani poliziotti e il viso spaventato della vecchia. I due animali smettono di parlare, la vecchia raccoglie gli spiccioli, mette la ciotola nella sua vecchia sporta e se ne va annichilita. Poi alza una mano verso gli occhi e si asciuga le lacrime che le stavano scendendo sul viso. I due animali la guardavano allontanarsi con sguardo impassibile. In questi casi è difficile limitare il proprio sentimento di rabbia e di vendetta. Se fossi stato un personaggio di Dostoevskij, un tipo come Raskolnikov per esempio, avrei pedinato i due poliziotti poi la notte stessa sarei tornato con una mannaia pronto a tagliare le loro teste piene di spazzatura che avrei poi gettato ai cani randagi che si aggirano intorno alle uscite di ogni metropolitana di Mosca. Cani affamati nelle fredde notte invernali. Loro mi avrebbero ringraziato e lo avrebbe fatto anche la vecchia se fosse stata tra loro. Eppure io non sono un personaggio di Dostoevskij. Sono anch'io uno dei tanti personaggi del "soprasuolo" di una modernità indifferente. Uno dei tanti che un giorno potrebbero finire ammazzati tra i secchi della spazzatura parcheggiati in un angolo oscuro della capitale o di ogni altro paese della grande/piccola Russia. Ma c'e' stato qualcosa di più nel mio pensiero sconvolto davanti alla visione della vecchia piangente. Mentre se ne stava andando, ho fatto alcuni passi verso di lei. Ho tirato fuori una banconota da 100r. Ero pronto a raggiungerla e a dargliela. Ma poi ho pensato: "Non è questo ciò di cui ha bisogno in questo momento. I soldi non assorbono le lacrime, non placano l'emozioni. Anzi tale gesto avrebbe aggiunto un'altra crepa alla sua anima." La vecchia avrebbe bisogno di un sorriso. Quello che non le ho saputo dare. Avrei dovuto abbracciarla come aveva fatto Nietzsche con il cavallo appena frustato dal suo cocchiere. Dopo quel gesto Nietzsche è stato dichiarato pazzo. Anch'io, non avendo fatto quel gesto, mi considero pazzo. Accetto cioè di essere come tutti gli altri, indifferente. Pazzo in un mondo pazzo. Solo chi si ribella può quindi essere considerato sano.

MB