sabato 12 maggio 2012


Russia: autorità minacciano sgombro per l'Occupy moscovita



Картинка 38 из 62700 
Sembra durerà poco la tolleranza delle autorita' russe verso la nuova forma di protesta dell'opposizione: una sorta di accampamento pacifico e senza bandiere politiche, che in stile Occupy, ha 'preso possesso' da tre giorni dei giardini di Chistye Prudy (Stagni puliti), nel centro della capitale. Secondo quanto riportato dal giornale Afisha, il portavoce del presidente Vladimir Putin, Dmitri Peskov, ha definito "illegale" l'iniziativa e ha promesso che le forze dell'ordine la disperderanno presto. Peskov aveva usato parole forti gia' all'indomani degli scontri tra manifestanti e polizia, avvenuti domenica alla vigilia dell'insediamento di Putin al Cremlino. "Avrebbero dovuto essere più duri", aveva detto riferendosi alla reazione degli agenti davanti alla folla che ha rotto i cordoni in piazza Balotnaja. Il bilancio della "marcia del milione" era stato di 37 feriti e oltre 400 arresti. Da allora a Mosca non si sono fermate le proteste. Dalle "passeggiate del popolo" (sit-in improvvisati in giro per il centro) si e' passati a quello che e' stato ribattezzato #occupyabai (questo l'hash tag usato su Twitter), dal nome del poeta kazako, Abai Kunanbayev, sotto la cui statua si e' radunato questo accampamento pacifico di chitarre, intellettuali, studenti, famiglie e anche veterani che chiedono di nuovo il "rispetto dei loro diritti di base", come elezioni oneste e stampa libera, spiega una degli esponenti del movimento, Ksenia Sobchak. Ex Paris Hilton russa, trasformatasi in giornalista politica e pasionaria della piazza, la Sobchak arriva tutti i giorni a Chistye Prudy con viveri e bevande. Questa sera portera' una troupe televisiva per trasmettere dai giardini della protesta il suo talk-show politico, Gosdep-2. Attesi i volti piu' noti della contestazione anti-Putin, come pure sostenitori del neo-presidente russo. "Dobbiamo dimostrare che siamo uniti e concentrare tutte le nostre forze qui a Chistye Prudy - arringa la folla e i giornalisti la Sobchak - rimarremo almeno fino alla liberazione di Navalny e Udaltsov", due dei leader del movimento condannati a 15 giorni di detenzione amministrativa per resistenza a pubblico ufficiale, durante una delle ultime manifestazioni della settimana. Ieri sera, sotto la statua del finora sconosciuto Abai sono arrivate oltre 1.500 persone, mentre dalle strade limitrofe le auto suonano il clacson in segno di solidarietà. Difficile prevedere l'evoluzione della protesta: "Finora la polizia si e' comporta bene", racconta il popolo di OccupyAbai, ma se gli agenti (parcheggiati in tre autobus vicino alla piazza) interverranno contro cittadini pacifici, questa volta potrebbe accendersi la scintilla della violenza, dice qualcuno.
  "Quando saremo ancora di piu' - spiega Ilya Yashin, altro attivista di spicco - ci sposteremo in un luogo piu' capiente e questo finche' saremo cosi' tanti che non potranno ignorarci".
  Finora i numeri non sembrano spaventare il Cremlino, ma c'e' chi ipotizza che la rinuncia di Putin a partecipare al vertice G8 negli Usa sia dovuta proprio alla situazione in patria e soprattutto alla possibilita' di ricevere critiche da parte degli altri capi di Stato. 



Testo originale tratto dalla seguente pagina web http://www.agi.it/estero/notizie/201205111122-est-rt10059-russia_autorita_minacciano_sgombro_per_l_occupy_moscovita

giovedì 10 maggio 2012


L’ESERCITO: UN PERFETTO MAESTRO DI VITA
Questo sette maggio Putin ha ripreso ufficialmente quel posto che per quattro anni è stato occupato, diciamo per metà, da Medvded. Alla sua uscita molti si chiedono quale sia l’eredità  che lascia al popolo russo. Certamente non ricca. Le riforme riguardanti la moderazione, la lotta alla corruzione e la ricostruzione degli ambiti giudiziari si sono sciolte come neve a primavera. C’è una cosa però che si è sviluppata, l’armamento bellico. I controlli alle dogane russe, notoriamente difficili da trapassare per qualsiasi visitante estero, si aprono gentilmente all’arrivo dei mezzi pesanti. Il benvenuto è stato dato a vari veicoli armati italiani M65 prodotti dall’Iveco, a svariati aerei radioguidati israeliani, a navi d’assalto anfibie francesi e ai fucili britannici AWM. Chissà se questa innovazione potrebbe essere sufficiente a far entrare Medvedev nella schiera, finora piuttosto esile, dei presidenti amati dai cittadini russi. La possibilità c’e’. D’altronde la necessità di porsi di nuovo come forza militare primaria in ambito internazionale è sentita da tutta la popolazione. Sono questi rimasugli dell’era sovietica quando l’URSS primeggiava in questo campo. Sono come mine inesplose sperse per i vecchi campi di battaglia ora calpestati da innocenti contadini. Il ritornello che passa di bocca in bocca è indicativo: “La Russia è da sempre stata una grande potenza e tale deve ritornare”. E poi c’è la sentita necessità di difesa nazionale. Difendersi dagli altri, qualunque bandiera essi portino in mano. Difendersi dai ceceni, dai daghestani, dai georgiani, dagli americani, dagli israeliani e così via. Difendersi soprattutto da se stessi: “Il russo ha una personalità instabile che può essere sottomessa solo attraverso la forza”, “Il territorio russo è enorme e solo la forza può tenerlo sotto controllo”, questo dicono i russi di se stessi. D’altronde il leone può essere domato solo con la frusta e l’orso tenuto fermo dalla catena. Così si sentono i russi, orsi e leoni. Grandi, forti ma iracondi ed incontrollabili. Dostoevskij l’aveva rivelato attraverso il suo grande inquisitore dei Fratelli Karamazov quando diceva che “l’essere umano ha bisogno e volontà di essere controllato da una forza superiore altrimenti si autodistruggerà”. Più di cento anni sono passati ma per i russi tale frase è ancora attuale.
La potenza e la militarizzazione è d’altronde un tratto tipico di questa nazione. Lo sfoggio dei carri armati, dei missili, delle uniformi per la via Tverskaya durante le settimane precedenti il giorno della vittoria sui tedeschi del 9 maggio è inebriante e vanitoso. Come una donna che si abbellisce prima di una serata fuori con le amiche. Fucili come borsette, missili come anelli, bombe come gioielli, carri armati come Mercedes. La gente cammina per le strade inneggiando a voce alta i loro avi per la vittoria della seconda guerra mondiale.  Nelle macchine compaiono scritte come “Grazie nonno per la vittoria”, “Abbiamo vinto!”, “Avanti verso Berlino”. Slogan che intendono ricordare la vittoria sui tedeschi più che la stupidità di una guerra che ha lasciato senza vita quasi una generazione intera di giovani dalle speranze troncate. Guerre perse, come quella in Afganistan, devono essere dimenticate, come se la qualità di un deceduto dipendesse dall’esito della guerra stessa. Bisogna ringraziare e venerare i combattenti vincitori e mettere da parte quelli perdenti. Uccidere una seconda volta, questo è il risultato di tale anomalia. Si uccidono il corpo e il ricordo. Dei giovani morti in Cecenia non se ne parla perché quella è ancora una guerra non vinta. Gli ex-combattenti ancora non trentenni dai corpi mutilati devono essere nascosti e quelli senza gambe, che girano per le strade o per le metropolitane, appoggiati in tavole di legno con rotelle, che si barcamenano in mezzo allo sfarzo e all’eleganza dei nuovi russi, facendo l’elemosina, trafiggono l’occhio ma non il cuore del passante. Bisogna ricordare, seppure per una settimana, il nonno morto sessanta anni fa e distogliere l’occhio dalle atrocità delle guerre moderne.
Eppure la necessità di vivere in una nazione potente è più forte di tutto il resto: “La Russia deve aumentare il suo armamento bellico. Così facendo le altre nazioni ci temeranno e rispetteranno”. Questo mi ha detto una mia ex studentessa russa di circa quattordici anni. Il sottostante è invece il poster gigante che colmava la vista del passante in una via non troppo lontana dal centro di Mosca.   

Nel poster si legge: “L’esercito: un perfetto maestro di vita. L’esercito attraverso gli occhi dei bambini”. Ed ancora: “Pubblicità approvata dal comune di Mosca”. 











MB

giovedì 3 maggio 2012


GIORNALISTA DI SPICCO ASSALITA NELLA NOTTE

Картинка 3 из 35

Poco dopo la mezzanotte del 5 aprile, due uomini hanno attaccato Elena Milashina, una prominente giornalista russa appartenente al giornale indipendente Novaya Gazeta e una sua amica. L’assalto è accaduto non lontano dalla casa della giornalista a Balashika, un paese alle porte di Mosca.
“Quando un coraggioso giornalista che lavora in un ambiente ostile viene attaccato, le autorità hanno il dovere di controllare se si tratti di un comune atto di aggressione o di una vera e propria minaccia collegata alla sua professione” ha detto Hugh Williamson, direttore del dipartimento dell’Europa e dell’Asia centrale di Human Rights Watch.  
Come riportato dalla stessa Milashina, la giornalista è stata attaccata con calci e pugni rivolti principalmente alla testa. Ne è uscita con una serie di lividi per tutto il corpo, una dozzina di ematomi e un dente rotto. Gli aggressori hanno attaccato anche l’amica della Milashina ma la giornalista sembra essere stata il bersaglio primario dell’assalto.  All’arrivo di tre passanti, gli aggressori si sono dileguati con il portafoglio della Milashina e il laptop della sua amica.
Elena Milashina ha ricevuto l’eredità di Anna Politkovskaya, punta di diamante della Novaya Gazeta, uccisa brutalmente nel 2006, continuando il suo lavoro di reporter di abusi dei diritti umani nelle turbolente zone del Caucaso del nord, Cecenia compresa. Quando poi Natalia Estemirova, prominente protettrice dei diritti umani in Cecenia e stretta collaboratrice della Milashina, è stata violentemente uccisa nel 2009, lei ha iniziato una personale investigazione dell’assassinio. Non è da escludere questa come possibile ragione dell’attacco. La Milashina aveva inoltre già ricevuto numerose minacce connesse a questa sua attività investigativa.
La polizia è arrivata sul luogo dell’assalto con circa novanta minuti di ritardo. All’arrivo ha trattato la Milashina con rudezza e incuranza. Le due amiche si sono così dirette verso casa e si sono recate all’ospedale solo la mattina seguente. “Questa inspiegabile lentezza della polizia seguita da una pressoché assenza di assistenza medica ci preoccupa enormemente, ” ha detto Willamson.
Nel 2009 a Elena Milashina è stato consegnato il premio Alison Des Forges che viene attribuito annualmente dall’organizzazione Human Rights Watch a chi mette a rischio la propria vita per la protezione della dignità e i diritti degli altri. 


Il testo è una traduzione del seguente articolo http://www.hrw.org/news/2012/04/06/russia-prominent-journalist-attacked