mercoledì 25 aprile 2012


A Soči gli analisti di "Human Rights Watch" hanno registrato violazioni dei diritti umani nel corso della preparazione alle Olimpiadi
I rappresentanti di "Human Rights Watch" hanno segnalato violazioni dei diritti umani dei lavoratori immigrati che vengono commesse a Soči nella preparazione alle Olimpiadi. Sono state segnalate anche violazioni legate al sistema di espropri e di trasferimenti di persone per la costruzione di impianti e infrastrutture olimpici, casi di violazioni della libertà di parola e pressioni su giornalisti e attivisti civici.

La situazione dei diritti umani a Soči legata alla preparazione ai Giochi Olimpici nel corso della settimana è stata analizzata dalla prima analista per l'Europa e l'Asia Centrale dell'organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani "Human Rights Watch" Jane Buchanan insieme alla collega di Mosca Julija Gorbunova.

Jane Buchanan ha raccontato al corrispondente di "Kavkazskij uzel" che questa sua visita a Soči non è la prima – visita la città già da tre anni, continuando a studiare la situazione dei diritti dei lavoratori immigrati e delle persone trasferite, della limitazione della libertà di parola e della pressione sugli attivisti civici.
"Il nostro lavoro è costituito da interviste alle vittime e sulla base di queste interviste scriviamo rapporti in cui enunciamo la situazione e segnaliamo le violazioni. Sulla base di questo governi, corporazioni e altri devono reagire" – dice l'analista Jane Buchanan.
Con gli attivisti per i diritti umani si sono incontrati i lavoratori immigrati che lavorano alla costruzione di impianti olimpici. "Otto persone sono arrivate dal Tagikistan e dall'Uzbekistan. Qui si sono trovati un lavoro e si sono scontrati con situazioni molto complesse", – ha raccontato Jane Buchanan.
Uno di loro ha raccontato che per tre mesi a lui e alla sua brigata non hanno pagato lo stipendio, anche se fornivano alloggio e cibo. Hanno dato solo 100-200 rubli [1] per le sigarette e per telefonare. Di conseguenza ha lasciato questo lavoro senza ricevere alcuno stipendio.
"Questi ha raccontato anche che il datore di lavoro gli prese il passaporto per due mesi perché non potesse andarsene da nessuna parte [2] – questo è considerato lavoro forzato (schiavitù). Questa persona si trova in una situazione senza uscita e questa è una violazione molto seria", – ha dichiarato Buchanan.

Buchanan ritiene che la legislazione in Russia sia abbastanza sviluppata e che siano previsti diritti corrispondenti alle richieste internazionali, perciò il governo è obbligato a superare queste violazioni, cioè fare di tutto perché non si verifichino. Buchanan indirizza anche l'attenzione degli stessi lavoratori immigrati sull'indispensabilità di lottare per i propri diritti.

"Vogliamo molto che gli stessi lavoratori, quando si scontrano con dei problemi, si rivolgano per avere aiuto alle organizzazioni sociali, alla procura o all'ispettorato del lavoro perché ci sia attenzione e queste violazioni siano indagate più spesso. E' molto importante il ruolo della società civile perché in presenza di tali violazioni gli attivisti agiscano e si rivolgano anche da qualche parte per avere informazioni su violazioni", – ha dichiarato Buchanan.

Oltre all'inosservanza dei diritti dei lavoratori immigrati gli analisti di "Human Rights Watch" hanno registrato violazioni legate al sistema di espropri e di 
trasferimenti di persone per la costruzione di impianti olimpici e infrastrutture, casi di violazione della libertà di parola, pressioni su giornalisti e attivisti civici.
"Le persone trasferite avrebbero dovuto ricevere un normale risarcimento o un'abitazione corrispondente, ma non in tutti i casi è stata ricevuto un risarcimento che corrisponde al prezzo reale dell'immobile oppure le persone sono state trasferite in abitazioni in condizioni sfavorevoli. 
Giornalisti e direttori di mezzi di comunicazione di massa hanno ricevuto minacce, il cui scopo era cancellare gli articoli o cambiarli in modo tale che non fossero di acuta critica. Si verificano casi in cui un giornalista vuole capire la situazione da vari punti di vista, ma le alte personalità non rispondono alle domande e non esprimono una posizione, perciò per giornalista è difficile scrivere o parlare di questo tema come richiede il giornalismo", – ha chiarito Jane Buchanan.
Durante questo viaggio le attiviste per i diritti umani non si sono incontrate con i rappresentanti degli organi di potere o delle compagnie che portano avanti la costruzione degli impianti olimpici, ma hanno raccolto materiali per elaborare e presentargli in seguito raccomandazioni per migliorare la situazione nella Soči olimpica.

Ricordiamo che in precedenza nel corso del monitoraggio di Human Rights Watch a Soči legato alla preparazione alle Olimpiadi invernali del 2014 furono evidenziati due problemi, la cui soluzione operativa potrebbe essere, secondo gli attivisti per i diritti umani, escludere serie violazioni: la mancanza di trasparenza negli espropri di immobili per costruire impianti olimpici e le condizioni in cui lavorano i costruttori.

"Human Rights Watch" ha dichiarato che i partecipanti al Congresso Olimpico devono elaborare un meccanismo continuo di valutazione della situazione dei diritti umani nel paese ospite prima, durante e dopo lo svolgimento dei Giochi Olimpici.

Come ha già comunicato "Kavkazskij uzel", contro il programma di preparazione di Soči alle Olimpiadi fin dall'iniziointerviene una serie di organizzazioni ecologiste, sociali e politiche, facendo dichiarazioni su una catastrofe ecologicae sulle inevitabili liti tra il potere e la popolazione della città.

Nota della redazione: vedi anche le notizie "Gli abitanti di Soči dichiarano di rifiutare la formalizzazione da parte delle autorità degli appezzamenti di terreno che gli appartengono", "A Soči dopo una serie di picchetti è stato deciso di congelare la costruzione di un parcheggio sul territorio di un centro scolastico", "A Soči per macchinazioni con appezzamenti di terreno è stato condannato un gruppo di 13 persone".

Autore: Semën Simonovfonte: corrispondente del "Kavkazskij uzel" 
"Kavkazskij uzel", http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/205324/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

Note
[1] Circa 2,5-5 euro.

[2] In tutta la ex Unione Sovietica il passaporto è l'unico documento di identità.
 

sabato 14 aprile 2012


L'ONU ha presentato rimostranze per via di Magnitskij

Il relatore speciale dell'ONU per la questione delle torture Juan Méndez ha presentato rimostranza nei confronti della Russia per via dei casi del giurista del fondo "Hermitage Capital" Sergej Magnitskij, morto nel SIZO [1], dell'attivista per i diritti umani uzbeko di "Memorial" Bachrom Chamroev, picchiato dalla polizia nell'estate 2010 e per una serie di altre storie clamorose in cui sono coinvolti agenti delle strutture armate russe. Questi casi sono descritti nell'allegato al rapporto di Méndez dell'anno scorso "Torture e altri pene e trattamenti crudeli, inumani o degradanti". Il documento è stato trasmesso al Consiglio per i Diritti Umani dell'ONU alla fine di febbraio.
Nel caso Magnitskij Méndez ritiene importante sottolineare che "quando uno stato incarcera un cittadino, si prende l'alta responsabilità della difesa dei suoi diritti, in primo luogo della sua salute fisica". Il relatore rimanda alla decisione della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, secondo cui è stata introdotta la presunzione di colpevolezza dello stato per i danni alla vita e alla salute di detenuti, arrestati e condannati. Solo una profonda, rapida e imparziale indagine sulle circostanze degli incidenti nei luoghi di detenzione può cancellare tale presunzione. "Nel caso Magnitskij i tentativi di presentare la sua morte come causata da motivi naturali appaiono particolarmente poco convincenti, tenendo conto dei documenti clinici disponibili e del fatto che gli fu rifiutato un tempestivo aiuto medico nonostante il peggioramento del suo stato", – afferma Méndez. "Il relatore speciale è particolarmente preoccupato dal fatto che, nonostante i pubblici ufficiali responsabili dell'arresto di Magnitskij e del suo cattivo trattamento nel SIZO siano stati identificati, il loro comportamento non è stato indagato nel modo dovuto", – si indica nei documenti del Consiglio per i Diritti Umani dell'ONU.
Méndez, indagando sulle accuse di "sistematica impunità" alle strutture armate russe, si ferma anche su un altro caso – il pestaggio da parte di poliziotti fino alla perdita di conoscenza del collaboratore di "Memorial" Bachrom Chamroev, di nazionalità uzbeka. Il relatore speciale invita le forze dell'ordine russe a indagare su questo caso e punire i colpevoli. Méndez difende anche i diritti di Rasul Kudaev, uno dei condannati per il caso dell'attacco dei militanti islamici a Nal'čik [2] nell'ottobre 2005. Kudaev, afferma il relatore, più di una volta fu sottoposto a pestaggi che si possono paragonare a torture, tuttavia gli organi competenti non reagirono ad alcuna sua denuncia in proposito. Un altro caso di cui si è interessato Méndez è stato la morte nel maggio dello scorso anno del detenuto della colonia penale n. 1 (della città di Kopejsk nella regione di Čeljabinsk [3]) Sergej Samujlenkov, di cui nella risposta ufficiale del governo russo si dice che "molte volte compì atti di autolesionismo e più di una volta tentativi di suicidio". Per il suicidio di Samujlenkov (si impiccò alla grata della propria cella) non è stato avviato un procedimento penale, tuttavia, come nota il relatore, il governo russo ha concordato sul fatto che nei confronti dei detenuti della colonia penale n. 1 erano state usate "forza fisica e misure speciali", in conseguenza delle quali tre di essi erano morti. Sulla base dei risultati delle indagini erano stati incriminati alcuni ufficiali dello UFSIN [4].Altri due casi indicati da Méndez riguardano il sequestro e la detenzione forzata dell'attivista sociale inguscio Magomed Chazbiev nel giugno 2011 e la decisione di consegnare al Tagikistan l'ex deputato del parlamento della repubblica Nizomchon Džuraev. In entrambi i casi i pubblici ufficiali russi violarono la Convenzione dell'ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, giunge alla conclusione il relatore.
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Sledstvennyj IZOljator (Carcere di Custodia Cautelare).

[2] Capitale della Kabardino-Balkaria.

[3] Città della Russia asiatica ai piedi degli Urali.

[4] Upravlenie Federal'noj Služby Ispolnenija Nakazanij (Direzione del Servizio Federale per l'Esecuzione delle Pene).

lunedì 9 aprile 2012


L’OROLOGIO DEL PATRIARCA


Mentre la chiesa e la società russa sprecano le loro forze mentali alla ricerca di un modo in cui obiettivamente processare i membri del gruppo Pussy Riot per il loro ‘inaccettabile’ concerto in chiesa, c’è chi preferisce spendere i loro averi, della chiesa e della società, in maniera più materiale e raffinata.
Mi riferisco al patriarca Cirillo che, durante una riunione con il ministro della giustizia russo, ha sfoggiato al polso un orologio del valore di circa 30 mila euro. Il fatto risale a qualche tempo fa ma i bloggers russi hanno deciso di resuscitarlo in concomitanza delle forti parole di accusa contro il gruppo Pussy Riot dello stesso patriarca.
Il fatto più moralmente scoraggiante non è però probabilmente questo ma la decisione della chiesa russa di eliminare, con l’aiuto di fotoshop, l’oggetto incriminato. Il tentativo malriuscito è stato scoperto grazie al riflesso dell’orologio ‘trasparente’ sul tavolo.
“Una celere investigazione inizierà al più presto per individuare i colpevoli e punirli severamente”, queste le parole del portavoce della chiesa ortodossa.  
Le stesse misure saranno prese nei confronti delle ragazze dei Pussy Riot ree di far parte di un pericoloso movimento anti-russo che ha come primo obiettivo quello di incrinare la trasparenza di Putin, descritto dalla stessa chiesa “Un miracolo di Dio”.
Siamo di fronte ai soliti giochi di falso moralismo, abuso di potere e ricchezza ostentata, proprio lì dove la moderazione dovrebbe essere di casa. D’altronde chi è che gira per le strade della capitale in Mercedes dai vetri oscurati, equipaggiate da sirene e macchine della polizia che fanno da apripista? Politici, oligarchi e alti membri della chiesa ortodossa.  


MB

sabato 7 aprile 2012


Pussy Riot alla sbarra

Il gesto della band femminista di suonare provocatoriamente all'interno della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca ha avuto grande risonanza pubblica
Pussy Riot alla sbarra
Foto: Itar-Tass
I fatti, prima dei commenti. Il 21 febbraio 2012 cinque ragazze col viso coperto da maschere sono entrate di corsa nell’ambone della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca ed hanno tentato di improvvisare un concerto, gridando: “Maria, madre di Dio, manda via Putin”. Il tutto è avvenuto in meno di un minuto e sono state fermate dalla sicurezza della cattedrale. Il 2 marzo 2012 la polizia di Mosca ha intentato causa facendo riferimento all’articolo inerente agli atti di teppismo, che prevede fino a sette anni di carcere; è stata aperta la caccia alle ragazze. Il 4 marzo 2012 sono state fermate due attiviste del gruppo Pussy Riot, Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alehina, e poco tempo dopo ne è stata fermata un’altra, Ekaterina Samucevich. Le ragazze sono in stato di fermo per 60 giorni, periodo di durata delle indagini.

Il gesto delle Pussy Riot ha avuto grande risonanza pubblica. La questione è stata dibattuta pubblicamente in particolare nei blog. “Non ci si deve chiedere se uscite del genere in moschee e sinagoghe, e non solo nelle cattedrali ortodosse, vadano perdonate o incoraggiate. Il punto è che il teppismo è teppismo, anche in biblioteca”, ha scritto ad esempio il blogger pioneer-lj. I blogger sono divisi: c’è chi cerca di “capire e perdonare” e chi è per “punire e far pagare”.

La direzione della Chiesa Ortodossa Russa e buona parte dei credenti esigono che le femministe siano punite e hanno chiamato la società a condannare il gesto e a riconoscerlo come reato. Rappresentanti ufficiali della Chiesa Ortodossa Russa hanno dichiarato di non reputare necessario il fermo della Tolokonnikova, della Alehina e della Samucevich, e nemmeno il carcere effettivo, ricordando che gli organi che hanno in mano le indagini fanno il proprio lavoro in modo indipendente dalla Chiesa. Ma il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill ha giudicato inaccettabili i tentativi di giustificare le responsabili.

Dal canto suo, il Consiglio Interreligioso della Russia (che riunisce organizzazioni ortodosse, islamiche, buddiste e induiste) ha invitato le Pussy Riot a scusarsi pubblicamente. Ma c’è anche chi richiama alla calma. Vladimir Legojda, guida del dipartimento informativo sinodale della Chiesa Ortodossa Russa, non vede motivo di tenere in stato di fermo le donne; quello che è importante, per lui, è che il tutto avvenga entro i limiti della legge: “La Chiesa da sempre invita alla misericordia. E questa non è un’eccezione. <…> Parte della società si sta facendo un’immagine sbagliata e pensa che le colpevoli siano in stato di fermo per volere della chiesa. Ovviamente non è così. Inoltre, l’attenzione di media ed opinione pubblica è incentrata sulla vita privata delle ragazze, alcune delle quali sono mamme di bambini piccoli”.

Sergej Smirnov, membro del collegio di avvocati “Yukov, Khrenov & Partners”, non ritiene che l’azione delle Pussy Riot sia perseguibile penalmente: “Questo è un caso di mera infrazione amministrativa dell’articolo inerente agli atti di teppismo non gravi”. E per questo credo che in questa situazione l’arresto preventivo e l’azione legale con riferimento all’articolo sugli atti di teppismo siano infondati e non consoni. Tuttavia, il periodo di 60 giorni è parte della prassi, non è per niente una misura severa. Quando un caso va in tribunale con istanza di misure cautelari in forma di arresto, il periodo è, appunto, di due mesi. Faccio fatica a prevedere i prossimi sviluppi. Ma, purtroppo, il nostro diritto penale è strutturato in modo tale che, se un caso finisce in tribunale e non alla corte dei giurati (e qui non ci troviamo di fronte ad una situazione del genere) quasi sicuramente il processo termina con una condanna”.

L’avvocato delle Pussy Riot, Violetta Volkova, ha dichiarato che, in caso di esito negativo per le ragazze, farà ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo. “Procedimenti penali per un caso come questo non se n’erano mai visti prima”, ha spiegato.

Testo tratto da Russia Oggi

mercoledì 4 aprile 2012


DISPATCHES: CHECHNYA – THE DIRTY WAR.
Documentario sulle guerre cecene.

Il conflitto militare in Cecenia è uno dei più lunghi, silenziosi, sanguinosi e irragionevoli della nostra era.
Il Cremlino ha usato ogni possibile maniera per renderlo invisibile ai media stranieri e farne così una guerra di stampo nazionale. Mosca si difende con l‘insussistente ragione secondo la quale, in un conflitto interno, le forze straniere non devono entrare in gioco. Con l’utilizzo di tale frase, Mosca mostra la cieca aggressività e inconcepibile testardaggine di stampo sovietico e ammette indirettamente che il conflitto può esistere solo in uno stato di clandestinità.
Coperto da questa clandestinità, l’esercito russo si permette l’utilizzo di ogni tipo di malvagità.
I media sono tenuti fuori dal territorio ceceno, controllato dal presidente fantoccio Kadirov sotto il comando del Cremlino. La resistenza cecena è considerata illegale. Le truppe russe controllano gran parte del territorio con la forza bruta di un parassita. “Dobbiamo sterminare questi animali” Putin disse qualche anno fa riferendosi ai Ceceni che cercano di espellere gli occupanti i quali non hanno proprio niente a che fare con la loro cultura. Le caratteristiche fisiche, linguistiche, mentali, sociali di un ceceno sono incommensurabilmente diverse da quelle di un tipico russo.
In questo documentario Mariusz Pilis e Marcin Mamon viaggiano per la regione cecena, una delle più pericolose al mondo, per portare una preziosa testimonianza visiva che evidenzi la precarietà della vita quotidiana presa tra morsa della repressione russa e del terrorismo ceceno.   
Filmato nel corso di nove mesi, il documentario rivela il tragico fatto che, ciò che iniziò come movimento separatista è ormai diventato sinonimo di terrorismo.  

LINK DEL DOCUMENTARIO (In inglese)

lunedì 2 aprile 2012



QUADERNI SCOLASTICI CON IL RITRATTO DI STALIN IN VENDITA NEI NEGOZI MOSCOVITI
Il quaderno con la faccia di Stalin in copertina è uscito nei negozi all’interno della serie “Grandi nomi della Russia”.
Il capo comunista è ritratto in abito da gala circondato da una cornice d’oro. Nella penultima pagina si possono trovare ulteriori informazioni su Stalin arricchite da varie fotografie risalenti a diversi periodi della vita del dittatore. C’è Iosif Dzugasvili, soprannominato Koba, insieme a Gorkij e Chkalov, ci sono alcuni prigionieri e delle torri di controllo nei lager.
Del dirigente si dice che fu una figura contraddittoria. Si parla anche delle repressioni staliniane durante le quali 640 mila persone furono fucilate e circa due milioni e mezzo di russi vennero mandati nei campi di concentramento. Nello stesso paragrafo gli autori ritengono importante aggiungere che grazie a Stalin l’industria si sviluppò notevolmente, che l’esercito sovietico diventò uno dei più potenti al mondo e che grazie ad esso l’aggressione di Hitler fu respinta. 




Traduzione del testo tratto da echo Moscvy.